Capitolo 19: Società e cultura nell'età giolittiana
Paragrafo 5: Le mitologie di Antonio Fogazzaro


Antonio Fogazzaro1 (1842-1911) vicentino ebbe grande seguito di lettori come rappresentante dello spiritualismo, dell'antidarwinismo scientifico e, nell'ultima parte della sua vita, del modernismo religioso. Lo scrittore divenne il simbolo della lotta contro il materialismo, il verismo e incarnò con i suoi compromessi ideologici e psicologici le aspirazioni di larghi strati di lettori di media borghesia i quali gli diedero il titolo di «cavaliere dello Spirito».
Allievo di Giacomo Zanella, dopo qualche tempo trascorso per studi a Milano durante la scapigliatura, della quale conobbe alcuni esponenti (poeti e musicisti) tornò a Vicenza dove sposò la contessa Margherita Valmarana e rimase assorbito dall'ambiente cattolico-aristocratico partecipando alla vita pubblica locale (di essa fece la caricatura — 1900 — in Piccolo mondo moderno) e a quella nazionale come senatore. Perduta e riacquistata la fede cattolica rimase sgomento (come lo Zanella e molti altri) di fronte alle teorie darwiniane e cercò di interpretare in senso religioso l'evoluzionismo.
Liberal-cattolico, sostenitore di una monarchia forte «profondamente rispettosa del sentimento religioso» il quale dovrebbe aiutare la trasformazione sociale a dar luogo a una «democrazia cristiana» (per la prima volta questa espressione si incontra nel Daniele Cortis) con ideali diversi da quelli di «maggioranze egoiste, avide di godimento» che minacciano col loro dispotismo le libertà moderne, Fogazzaro fu anche sostenitore di un governo energico alla Bismark e di un rinnovamento morale guidato dalla parte più attiva e illuminata della gerarchia ecclesiastica.
C'è in lui l'aspirazione ad adeguarsi alle conquiste del pensiero scientifico ma non al socialismo il quale «ha radice in un desiderio di giustizia […] ma pone supremo un bene di ordine materiale e non ha substrato di amore». Conciliazione di religione e sentimento dell'unità d'Italia, concordia dell'ordine civile e di quello ecclesiastico sono motivi di Fogazzaro al quale, però, rimangono estranei i problemi di struttura della società, l'economia, le classi sociali; lo sviluppo delle masse popolari. Le sue idee di borghese moderato erano già state oltrepassate dalla stessa chiesa temporale la quale aveva individuato le forme moderne di gestione di potere (banche, capitale, mezzi di diffusione) sicché lo scrittore e l'ideologo rimangono sfasati sulle cime sublimi dello spirito, predicatori del mito di un «santo» correttore morale e guida carismatica. La sfasatura spiega il successo di Fogazzaro negli ambienti ritardati, per cultura o per desiderio di conservazione, rispetto ai problemi reali.
Con piena sincerità lo scrittore, che credeva allo svecchiamento delle strutture della Chiesa e nel desiderio di rinnovamento religioso (egli considerava suo maestro Antonio Rosmini), si avvicinò al gruppo dei modernisti (Loisy, Tyrrell) o nuovi apologeti i quali interpretavano simbolicamente i testi sacri anche per ampliare il significato letterale dei testi stessi. Le nuove idee religiose, espresse in modo personale nel Santo (1905) che veniva scritto all'Indice, vennero condannate nel 1907 da Pio X che definì il modernismo «sintesi di tutte le eresie».
Nella teoria evoluzionista Fogazzaro considerò una finalità morale, il trionfo dello spirito come termine dello sviluppo materiale e animale e assegnò all'arte la più alta espressione di spiritualità umana, cooperatrice alla vittoria dell'elemento superiore su quello brutale: arte, amore, dolore aiutano l'elevazione morale. Il sentimento d'amore è nobilitato dalla vittoria dell'«amore sublime» su quello sessuale. Nelle Ascensioni umane Fogazzaro concilia l'evoluzionismo e la religione in funzione antimaterialistica e per innalzare l'idea di Dio.
Le strutture artistiche capaci per Fogazzaro di esprimere un'arte tendente alla nobiltà morale e spirituale sono quelle della liricità, della riduzione della parola a musica carica di sentimento. Conoscenza della cultura germanica tardoromantica e della musica aiutano Fogazzaro nei 'romanzi e nelle poesie a esprimere il dolore della rinuncia all'amore dei sensi, l'urto della passione, la vittoria dello spirito. Il fine dell'arte è quello di rappresentare l'amore che precede il sesso, sdegnoso di ciò che è materiale. Perciò lo scrittore trova nella passione e nella realtà della natura soltanto i simboli di una vita superiore mentre la fuga dai sensi, dall'amore terreno, prefigura beatitudini celesti: gli innamorati per non contaminare il sentimento si allontanano l'uno dall'altra con la certezza di ritrovarsi uniti, al di là di tutti i contrasti terreni, nella vita celeste:
  1. Vorrei che lassù nel cielo,
  2. tacita, stanca talora
  3. spiegassi come uno stelo
  4. su questo mio petto anelo
  5. dolce sospirando ancora.
L'amore è, perciò, rimpianto o sogno anche nei romanzi, aspirazione a trasformare la realtà in spiritualità.
Fogazzaro è il poeta degli «idilli spezzati», dell'amore-rinuncia elegiacamente cantato, dell'«amore sublime» esaltato nell'aldilà. Egli non vede con gli occhi del popolo, dei veristi. dei naturalisti ma con quelli dei cattolici penitenti. I protagonisti fogazzariani sono carichi di ideali magnanimi per potere essere figure di vertice, eroi della supremazia morale. In questa tensione essi vivono il loro dramma chiuso, egoistico, estetizzante, teatrale, lontani da ogni impegno.
Si saziano di illusioni, di miti, di impossibili amori, di titanismi senza orizzonti, di orgogli. Nell'assumere il ruolo di eroi dello spirito diventano elementi di un sistema gerarchico etico-sociale in cui gli umili sono collocati all'infimo grado del sentire, quasi all'ebetismo.
Fogazzaro vede soltanto gli altolocati, la società epicureo-sentimentale abitatrice delle ville venete con parchi e giardini. Nei suoi romanzi, così Donadoni, «non un campo di biade, non una vigna, non una vendemmia, una raccolta: ha ritratto cocchieri, servitori, camerieri, parassiti di ogni specie, non un solo tipo di lavoratore dei campi». Da Malombra (1881) a Leila (1911) il protagonista è un esteta dei propri sentimenti, dei propri «orgogli spiritualisti».
In Daniele Cortis (1885) i protagonisti Elena e Daniele sfiorano l'abisso del peccato finché si separano promettendosi di amarsi spiritualmente oltre la vita ma anche nel Mistero del poeta (1888) Violet che muore prima del matrimonio rappresenta la fuga dalla realtà. Piccolo mondo antico (1896) rappresenta l'ispirazione domestica e paesana di Fogazzaro che solitamente, invece, ama descrivere la storia di una tentazione, come in Piccolo mondo moderno. Anche qui, però, la tentatrice Jeanne e Piero Maironi spezzano il compimento dell'amore e Piero fugge dal mondo diventando il «santo», la personificazione delle idealità religiose di Fogazzaro.
Lo scrittore non compone mai i suoi dissidi interiori nonostante i compromessi e il fogazzarismo fu una sorta di malattia psicologica che consistette nel compiacimento del dolore, nella mescolanza di spirito e senso che gli spiriti deboli facevano passare per eroismi e per sublimità spirituali.