Capitolo 18: Le contraddizioni sociali e culturali dell'età umbertina
Paragrafo 6: Il teatro


Espressione della società borghese come si era venuta costituendo dopo l'Unità è il teatro, specchio delle sue articolazioni e dei suoi ambienti. Drammi (che sostituiscono la defunta tragedia classica) e commedie esprimono i punti di vista, le qualificazioni borghesi nella vita delle città e in quella privata, escludendo nettamente le classi subalterne.
Il modello è quello della vita familiare carica di compromessi e di sopportazioni, vista anche con amarezza ma la cui rappresentazione non giunge a creare caratteri originali: questo teatro rende ufficiali taluni punti di vista borghesi come l'adulterio, il maschilismo, l'esclusione della politica della vita familiare, le riparazioni morali mediocri, le aspirazioni ideali che nascondono interessi e utilitarismi.
Motivi tragici e comici sono nei drammi storici in versi del romano Pietro Cossa (1830-81) Nerone, Messalina.
Colui che rappresentò il prosaicismo del tempo con tutti i pregiudizi giustificati come «valvole di sicurezza» dell'ordine borghese fu il modenese Paolo Ferrari (1822-89), cultore del filone goldoniano nelle commedie storiche Goldoni e le sue sedici commedie nuove (1851) e Parini e la satira (1856) e seguace dei drammi a tesi francesi nel Duello (1868), opere di perfetta tecnica teatrale ma di non eccezionale fantasia.
La vita piccolo-borghese con le sue ambizioni campate in aria e pietosa è rappresentata dal piemontese Vittorio Bersezio (1828-1900) nelle Miserie 'd Monsù Travet mentre del napoletano Achille Torelli (1841-1922) ebbe larga fama la commedia I mariti (1867).
Il teatro verista nacque con Verga il quale traspose in teatro i temi della sua narrativa (Cavalleria rusticana, La lupa) e scrisse In portineria e Dal tuo al mio. Questa traccia venne continuata da Capuana in Malia e dal versatilissimo catanese Nino Martoglio, che fu anche poeta dialettale, in San Giovanni decullatu e L'aria del continente, dal napoletano Salvatore Di Giacomo in Assunta Spina, 'O mese mariano, 'O voto, A San Francisco.
In Italia settentrionale c'è un sentimento sociale vivo nei drammi in dialetto del milanese Carlo Bertolazzi (1870-1916) El nost Milan, La Gibigianna.
Grande popolarità per avere rispecchiato i gusti dell'epoca tra tardoromanticismo e verismo ebbe Giuseppe Giacosa (1847-1906) di Colleretto Parella il quale dal dolciastro idillio romantico di Partita a scacchi (1871) passò alla rappresentazione veristica — ma esteriore — della storia e al dramma psicologico-sociale in Tristi amori (1887), Come le foglie (1900).
Anche il veneziano Giacinto Gallina (1852-97) che aveva colorito di ottimistica sentimentalità le prime commedie dialettali in cui aveva assimilato un bonario spirito goldoniano (Mia fia, I oci del cuor) si venne evolvendo in senso realistico con la famosa Famegia del santolo e con La base de tuto.
Più profondamente verista dal punto di vista psicologico e dell'analisi scientifica e più critico del mondo borghese fu Mario Praga (1862-1929), milanese, con La moglie ideale (1891), commedia contro le ipocrisie familiari, e con La porta chiusa (1914).
Ormai, però, con Enrico Annibale Butti (1868-1912) milanese e con Roberto Bracco (1862-1943) napoletano, autore di Il piccolo santo, siamo nello psicologismo non veristico ma sentimentale.