Capitolo

11

Letteratura dialettale, satirica e prosa scientifica nel Seicento


PREMIO ANTONIO PIROMALLI
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Galileo Galilei

(nota al capitolo 11, paragrafo 3)

Ingegno versatile, scienziato lontano da astrazioni metafisiche e convinto della inscindibilità dei problemi teoretici da quelli tecnici, è ormai chiaro da tempo che, nello svolgimento della nostra civiltà, GALILEO GALILEI deve essere valutato non solo nel contesto di una storia del pensiero ma anche in quello delle forme artistiche.
Fornito di solida educazione letteraria, ebbe un senso fortissimo della tradizione che, congiunto alla sua mentalità concreta e scientifica, lo portò a rigettare le forme ridondanti e metaforiche dell'allora imperante barocco e a dar vita a uno stile definito scultoreo dal Leopardi e fondato sulla chiarezza, l'armonia e l'ordine intellettuale.
Già nelle opere in latino (Theoremata circa centrum gravitatis solidorum, De motu, Sidereus nuncius), l'originalità della scrittura si rivela nel ripudio del lustro formale del latino scolastico in voga nelle scuole e nel porre l'accento sulla coerenza del pensiero. La proprietà e sicurezza di linguaggio (che qualcuno ha definita toscana e fiorentina, altri rinascimentale, altri scientifica) si manifesta più chiaramente negli scritti in volgare, e i suoi interessi letterari, attestati dalle postille e dai commenti ai testi di Dante, Petrarca, Tasso, Ariosto (suo autore preferito), contribuirono alla formazione della sua prosa.
Elegante ma non ricercata, aperta a molteplici variazioni di toni (dal fine umorismo alla gravità meditativa, dall'aspra polemica alla commozione e all'entusiasmo per le nuove scoperte), la prosa di Galilei, come è stato detto, è il riflesso del suo temperamento di uomo e di scienziato, l'espressione compiuta della sua anima fervida e nello stesso tempo padrona di sé.

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