Capitolo

4

La letteratura tra la società dei comuni e le signorie


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4 - § 1

Esaurimento della borghesia comunale nella funzione corporativa e origine delle Signorie


La nuova civiltà italiana nel medioevo è nata con i comuni e con i dialetti, emergendo in virtù delle forze specifiche borghesi dal mare dell'universalismo culturale cattolico-europeo e contro di esso. A causa degli interessi pratici dei gruppi borghesi municipali i Comuni hanno potuto costituire un movimento progressivo che, però, non è riuscito a superare lo stato molecolare e la funzione economico-corporativa. Lo sviluppo di uno Stato si ha quando questo può attuare la propria unità in modo integrale e con il consenso dei governati. La borghesia comunale creò certamente una civiltà e una concezione del mondo con la cultura borghese-popolare in volgare ma rimase locale. L'unità mancò politicamente e culturalmente. La frammentazione localistica delle forze e l'energia creativa impiegata dalla borghesia soltanto per mantenere lo spessore della vita presente non fecero neanche intuire il problema dell'unità territoriale nelle regioni padane e centrali della penisola né la creazione di fondamenta per il futuro. Non si tratta di fenomeni di poca rilevanza ma della deficienza di organizzare unitariamente lo Stato.
Noi diamo valore all'organicità e alle conquiste delle città-stato comunali e alle repubbliche comunali ma dobbiamo sottolineare che la borghesia dei Comuni riesce ad elaborare gli intellettuali indispensabili per l'immediato presente, non riesce ad assimilare i numerosi intellettuali tradizionali (che fanno capo, come il clero, a istituzioni potenti) i quali sostengono la funzione cosmopolitica della cultura. Mancò ai Comuni l'egemonia della cultura che rinvigorisce la nuova classe borghese: nella quotidianità dei compromessi per tenere a freno il popolo minuto e il sottoproletariato la funzione culturale rimase agli intellettuali tradizionali della Chiesa e la conseguenza fondamentale fu la sconfitta della borghesia.
La formazione statale, di un potere unitario si ha con il principato. Dall'età delle Signorie e dell'Umanesimo la borghesia decade inesorabilmente fino a tutto il Settecento. Le repubbliche borghesi comunali diventano sempre più oligarchiche e corporative, governate dai maggiorenti delle banche e della mercatura. A Firenze fu aspra la repressione contro i Ciompi (1378), lavoranti dell'arte della lana, che costituenti un proletariato cittadino operaio, chiedevano il diritto di formare tre nuove Arti per usare un potere rivendicativo. La città fu governata fino al 1434 dall'oligarchia mercantile ma in altri territori, soprattutto dell'Italia settentrionale, i signori locali nei primi anni del Trecento sono già al potere, con investiture imperiali o papali o per forza militare (compagnie di ventura e truppe mercenarie) dinastica: Este a Ferrara, Gonzaga a Mantova, Polenta a Ravenna, Visconti a Milano, Carrara a Padova, Scaligeri a Verona, Montefeltro a Urbino.
In Italia meridionale la decadenza del Regno Angioino dà inizio alla prostrazione secolare per i continui infeudamenti e per ciò che il feudo porta con sé. La sede della chiesa rimane ad Avignone (1305-77) e Roma è in mano di potenti famiglie patrizie in lotta fra di loro che si erano divisa la città in zone di dominio, imponendo pedaggi, assalendo pellegrini e mercanti. In questa situazione Cola di Rienzo attua una politica inizialmente antifeudale che corrisponde alle esigenze della maggioranza del ceto mercantile, finché la sua insicurezza e le sue ambiguità non gli fanno perdere quel sostegno e lo fanno cadere per opera della plebe al servizio delle grandi famiglie.
Anche se la classe borghese mercantile rimane vittima, in quanto classe comunale, dell'impossibilità di mantenere un governo solamente corporativo, l'esperienza di operosità nell'accumulare guadagni, unita a norme di comportamento (femminile in questo avvertimento:

E mentre cammini porta la testa alta e le palpebre abbassate, senza sbatterle e guarda dritto davanti a te a una distanza di circa quattro pertiche, senza guardare intorno a te né uomini né donne, né a destra né a sinistra)

e alla preoccupazione di fare coincidere le azioni con la morale cristiana («la ruota volge per voi come per chi altri che tutto dì vedete morire cadere» scriveva Lapo Mazzei all'amico mercante pratese Francesco Datini [1335-1410] i cui «libri della ragione» si aprivano con il motto «nel nome di Dio e di guadagno»). Il danaro nel Trecento — capitale mercantile e capitale usuraio — crea in Italia la prima concentrazione mobiliare e i germi delle future società capitalistiche per azioni (un doge veneziano morto nel 1268 lascia agli eredi i dividendi di 132 società). Il frazionamento politico ed economico della penisola comporta grande diversità di monete di argento, necessità di cambiavalute e banche, soprattutto a Roma dove giungevano migliaia di pellegrini da tutto il mondo cristiano.
Locupletazione mercantile e incremento demografico verificatosi nel XIII secolo (45000 abitanti a Firenze di cui 2500 Grandi) accrescono le tensioni sociali nel Trecento. Dai ricchi (chiamati «popolo grasso») dipendevano l'alloggio, i viveri, le finanze, il lavoro (possedevano suolo, rendite fondiarie, erano padroni di affitti, detenevano capitali, materie prime fino alla vendita del prodotto finito) di cittadini e contadini e fra gli artigiani dell'industria tessile scoppiano tumulti alimentati da spirituali francescani, pauperisti. I moti scoppiati intorno al 1380 in Inghilterra, Linguadoca, Firenze, Germania occidentale avevano un carattere sociale: emancipazione contadina e accesso della classe artigiana alle responsabilità della borghesia. Ma il nuovo patriziato cittadino irrigidì i regolamenti corporativi e chiuse le corporazioni artigiane ai nuovi venuti perpetuando l'immobilismo. Le differenziazioni secondo il censo sostituiscono le antiche tendenze egualitarie: questa borghesia, sazia e sicura, è conservatrice, cerca di acquistare prestigio nobiliare, gli aristocratici si adattano allo spirito economico e affaristico o a diventare cortigiani e burocrati. L'idea di comunità si estingue nella praticità delle relazioni personali; nella letteratura borghese del tardo medioevo si manifesta, con la necessità di conoscere ambienti, persone, cose, un naturalismo psicologico che riesce a esprimersi nei ritratti, nelle figure a tutto tondo, nei caratteri delle persone.

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